Rilancio anch’io l’appello di tanti amici per un’AGENDA DIGITALE italiana.
Lo faccio per dovere professionale e politico, ben sapendo che al degrado italiano (altro che declino!) conviene opporsi con rinnovata energia sulle vere poste in gioco, ma con qualche consapevole (e cinica) disillusione.
Provo a ragionare. Non c’è dubbio che il Digitale e l’ICT siano due leve essenziali “contro il declino”: sono terreni pur sempre aperti a qualche possibile riposizionamento nazionale nelle sfide competitive globali in corso. Ma la mia impressione è che dalla crisi finanziaria del 2008 stiano uscendo soltanto i paesi che guardano simultaneamente a tutto lo spettro dell’innovazione, non soltanto, di certo, le sole “regioni” leader nell’ICT. Proviamo, infatti, a guardare la rinnovata agenda di Obama per l’Innovazione negli USA, aggiornata al 4 Febbraio 2011:
Le sfide sono ANCHE manifatturiere/industriali, finanziarie, eco-energetiche, ed alla fine normative e organizzative (dal sistema educativo alla riforma del settore pubblico). L’enfasi resta ancora sull’automobile e sulla Green Economy: nonostante il fatto che un Building Block essenziale (ovvio per l’America), alla base della piramide, sia sempre identificato in un advanced information technology ecosystem.
Orbene l’Italia è messa male un pò dovunque, ma resiste imprenditorialmente (e spesso con fantasia) nel settore della meccatronica e di alcune produzioni meccaniche di tutto rispetto, arrancando seconda dietro la sola Germania. Tutto il resto del tessuto industriale (di PMI) sta andando a rotoli velocemente. Quando si è deciso, come in Puglia, di innestare la marcia delle rinnovabili, abbiamo finito per inondare le nostre campagne di tecnologie “arretrate” cinesi (nel FV) e di importarne di altre, caricandone i costi super-incentivati sulle bollette elettriche “fossili” (e senza neanche avere un GRID elettrico appena un pò più smart..). Sembra chiaro del resto che anche i nuovi modelli (?) di Marchionne nasceranno a Detroit piuttosto che a Torino, e che la robotica italiana stia di conseguenza perdendo colpi importanti. L’agenda INDUSTRIALE italiana non può così facilmente, a mio avviso, diventare un’agenda di SERVIZI pervasi dall’ICT: ci vuole davvero una linea-guida diversa di politica industriale, un pò shumpeteriana, e che cioè abbia la forza di una distruzione “creativa” dei vecchi settori manifatturieri, e voglia quindi puntare a una loro radicale riconversione (nuovi materiali, nanotecnologie, nuova robotica, ecc.), sapendo bene che poi si tratterà di esportare in Asia i metodi produttivi e/o i lfes-styles italiani pensati qui per essere poi applicati globalmente. In questo quadro utopico/ambizioso l’ICT è un lievito indispensabile, purchè la farina del “nuovo pane” si faccia ancora da queste parti. Potremmo perfino – con una iniezione incredibile di R&S – e di cui oggi mancano i minimi presupposti finanziari nel bunga-bunga corrente, pensare a dire la nostra insieme alla vecchia Europa sui nuovi prodotti del futuro.
Mi rendo conto dell’utopia intrinseca di questo ragionamento, ma è la sola cosa che mi venga in mente per un realistico disegno di riscatto. Se invece l’agenda digitale servisse soltanto a migliorare i consumi nazionali nel Multimedia odierno, a rinnovare la P.A. ed il benessere immateriale connesso allo “spettacolo dei contenuti”, tali nobili (e super-condivisi obiettivi) non basterebbero a frenare il declino. Per estremizzare con un esempio: se Federico Faggin fosse rimasto in Italia con il suo microprocessore forse avremmo potuto avere una Intel italiana; non è andata così, e non ci piangiamo più sopra. Del resto anche Rubbia, qualche anno fa, se ne è andato in Spagna a fare il solare a concentrazione..Ecco: bisognerebbe ricreare un clima amico dell’Innovazione Strategica e non lasciare scappare all’estero i nostri talenti. Quest’agenda è spesso proclamata e invocata da TUTTI, ma mai davvero finora è successo che le nostre classi dirigenti abbiano attivato le necessarie sinapsi per questo tentativo…IL PESO DEL PROGRESSO SU DI NOI NON E’ SOLTANTO QUELLO DEI BIT.